All’alba la città stava ancora dormendo.
Quello era un giorno di lavoro per Edo dopo una lunga settimana di ferie.
Dopo le giornate divertenti godute tra parenti, amici e la fidanzata Chiara, oggi si doveva svegliare molto presto.
La sveglia squillò con quel suono tedioso e molesto che hanno solo le sveglie.
Edo si rigirò di lato tra le lenzuola manifestando la sua incapacità di volersi alzare: “Uhm. Di già?”
Aprì a fatica gli occhi avvolto dal calore del letto.
Chiara era al suo fianco e di tutta risposta si tirò a sé tutto il lenzuolo lasciandolo completamente scoperto. Il freddo improvviso lo svegliò. La guardò ad occhi stretti con invidia e pensò: “Non ti devi mai svegliare presto per l’università vero?”
Poi si alzò barcollando nel buio e uscì a tentoni dalla camera da letto.
Chiuse la porta con noncuranza ed accese la luce del bagno.
Quello era un giorno di lavoro per Edo dopo una lunga settimana di ferie.
Dopo le giornate divertenti godute tra parenti, amici e la fidanzata Chiara, oggi si doveva svegliare molto presto.
La sveglia squillò con quel suono tedioso e molesto che hanno solo le sveglie.
Edo si rigirò di lato tra le lenzuola manifestando la sua incapacità di volersi alzare: “Uhm. Di già?”
Aprì a fatica gli occhi avvolto dal calore del letto.
Chiara era al suo fianco e di tutta risposta si tirò a sé tutto il lenzuolo lasciandolo completamente scoperto. Il freddo improvviso lo svegliò. La guardò ad occhi stretti con invidia e pensò: “Non ti devi mai svegliare presto per l’università vero?”
Poi si alzò barcollando nel buio e uscì a tentoni dalla camera da letto.
Chiuse la porta con noncuranza ed accese la luce del bagno.
Dopo essersi lavato e vestito, fece colazione ed infine si mise le scarpe.
“Avrò preso tutto?” il ragazzo si toccò le tasche per controllare e si ricordò di prendere le chiavi di casa ed il portafoglio.
Sopra al suo comodino trovò anche un biglietto con una scritta tipica femminile e lesse: “Ha chiamato tua madre." Sbuffò e si disse: "Cosa vorrà questa volta? La chiamerò quando tornerò dal lavoro.”
Scese le scale ed entrò nel garage.
Aprì il cancello e poi montò sulla sua adorata moto sportiva.
Uscì di casa lasciandosi dietro ogni suo pensiero e si lasciò andare a quel senso di libertà illusorio che solo la moto può farti sentire. Quello era il suo piccolo momento di libertà in cui solo i pensieri felici attorniavano la propria testa.
La moto può svincolare facilmente dalla prigione urbana fatta di traffico e di file interminabili di mezzi.
Nella sua quattro tempi erano racchiusi tutti i suoi risparmi e la sua cura nei suo confronti era a dir poco maniacale.
Il lavoro di Edo invece era uno schifo.
Alzarsi tutte le mattine prima del sole per fare il netturbino non era il massimo della vita.
L’orario era a dir poco frustrante, la paga era il minimo sindacale e, alla fine della giornata, la doccia era obbligatoria.
“Avrò preso tutto?” il ragazzo si toccò le tasche per controllare e si ricordò di prendere le chiavi di casa ed il portafoglio.
Sopra al suo comodino trovò anche un biglietto con una scritta tipica femminile e lesse: “Ha chiamato tua madre." Sbuffò e si disse: "Cosa vorrà questa volta? La chiamerò quando tornerò dal lavoro.”
Scese le scale ed entrò nel garage.
Aprì il cancello e poi montò sulla sua adorata moto sportiva.
Uscì di casa lasciandosi dietro ogni suo pensiero e si lasciò andare a quel senso di libertà illusorio che solo la moto può farti sentire. Quello era il suo piccolo momento di libertà in cui solo i pensieri felici attorniavano la propria testa.
La moto può svincolare facilmente dalla prigione urbana fatta di traffico e di file interminabili di mezzi.
Nella sua quattro tempi erano racchiusi tutti i suoi risparmi e la sua cura nei suo confronti era a dir poco maniacale.
Il lavoro di Edo invece era uno schifo.
Alzarsi tutte le mattine prima del sole per fare il netturbino non era il massimo della vita.
L’orario era a dir poco frustrante, la paga era il minimo sindacale e, alla fine della giornata, la doccia era obbligatoria.
“Chissà come starà il vecchio Bob…” la testa di Edo divagava mentre la strada scorreva senza dubbi o incertezze dato che la conosceva a memoria.
Bob era il diminutivo di un suo vecchio collega di lavoro ed era l’amico più divertente che Edo conoscesse data la sua incredibile capacità nel raccontare le barzellette. Purtroppo Edo le barzellette non le sapeva proprio raccontare e tutte le volte o se ne dimenticava una parte o la sbagliava raccontare.
Bob era il diminutivo di un suo vecchio collega di lavoro ed era l’amico più divertente che Edo conoscesse data la sua incredibile capacità nel raccontare le barzellette. Purtroppo Edo le barzellette non le sapeva proprio raccontare e tutte le volte o se ne dimenticava una parte o la sbagliava raccontare.
“Diamine. L’aria è proprio fredda stamattina!” il sole era ancora addormentato dietro l’orizzonte e solo le luci ritmiche della tangenziale gli illuminavano la visuale. Uscì dalla sua città e vide che la foschia del mattino avvolgeva tutti campi e la strada.
“Per fortuna oggi non c’è un camion!” pensò Edo divertendosi ad accelerare sempre di più dopo aver affrontato una lunga curva dopo la quale si spalancava un lunghissimo rettilineo.
“Uao! Mi sembra di volare!” sorrise mentre l’aria fredda gli sembrò tagliare il giubbotto e il freddo gli penetrò dagli spifferi.
Edo ne volle ancora, abbassò la testa e vide la sottile linea bianca dell'asfalto scivolare via ed accelerò: “Ancora, vai! Ancora!” ingranò l’ultima marcia e fece urlare la moto.
“Per fortuna oggi non c’è un camion!” pensò Edo divertendosi ad accelerare sempre di più dopo aver affrontato una lunga curva dopo la quale si spalancava un lunghissimo rettilineo.
“Uao! Mi sembra di volare!” sorrise mentre l’aria fredda gli sembrò tagliare il giubbotto e il freddo gli penetrò dagli spifferi.
Edo ne volle ancora, abbassò la testa e vide la sottile linea bianca dell'asfalto scivolare via ed accelerò: “Ancora, vai! Ancora!” ingranò l’ultima marcia e fece urlare la moto.
La strada si liberò da qualsiasi ostacolo e al passaggio di Edo anche la foschia si dissolse: “Ma che diavolo!” pensò Edo rallentando quando vide una nuvola di nebbia poco più avanti e qualcosa comparirgli sul fianco destro in basso.
All’improvviso lo affiancò un grosso cane bianco che correva accanto a lui.
“Un cane? Qui?” si disse e accelerò. Poi quando vide la velocità sul quadro degli strumenti aumentare tornò con lo sguardo sull'animale.
La bestia correva ancora al suo fianco, girò il proprio muso, lo guardò negli occhi e spalancò di scatto la bocca al massimo.
Edo rallentò mentre i suoi occhi scattavano ritmicamente dalla strada al cane ed ogni volta l'animale si faceva più piccolo: ”Non ci posso credere, ma che diavolo è? Adesso mi fermo…”
Il cane scomparse nella nebbia ed Edo si fermò sulla corsia di emergenza e mise il piede destro per terra ma non toccò il suolo: “Ma che diavolo! Oh no, Cado!” in una frazione di secondo sentì il proprio corpo sbilanciarsi verso destra, ma mantenne le mani sul manubrio perché la moto non doveva assolutamente cadere ma questa lo seguì: “La moto! No!"
Sentì la moto cadergli addosso nel vuoto di un pozzo nero mentre le luci della tangenziale svanirono: “No! No. No!" Edo sentì la propria moto sbriciolarsi e tutto svanì mentre continuava cadere. Si sentì soffocare e ruzzolò nel buio tentando di togliersi il casco, ma non ci riuscì a causa dei continui urti: “Ahi! Che male!” Edo sentì un suolo morbido quando finì la sua caduta.
All’improvviso lo affiancò un grosso cane bianco che correva accanto a lui.
“Un cane? Qui?” si disse e accelerò. Poi quando vide la velocità sul quadro degli strumenti aumentare tornò con lo sguardo sull'animale.
La bestia correva ancora al suo fianco, girò il proprio muso, lo guardò negli occhi e spalancò di scatto la bocca al massimo.
Edo rallentò mentre i suoi occhi scattavano ritmicamente dalla strada al cane ed ogni volta l'animale si faceva più piccolo: ”Non ci posso credere, ma che diavolo è? Adesso mi fermo…”
Il cane scomparse nella nebbia ed Edo si fermò sulla corsia di emergenza e mise il piede destro per terra ma non toccò il suolo: “Ma che diavolo! Oh no, Cado!” in una frazione di secondo sentì il proprio corpo sbilanciarsi verso destra, ma mantenne le mani sul manubrio perché la moto non doveva assolutamente cadere ma questa lo seguì: “La moto! No!"
Sentì la moto cadergli addosso nel vuoto di un pozzo nero mentre le luci della tangenziale svanirono: “No! No. No!" Edo sentì la propria moto sbriciolarsi e tutto svanì mentre continuava cadere. Si sentì soffocare e ruzzolò nel buio tentando di togliersi il casco, ma non ci riuscì a causa dei continui urti: “Ahi! Che male!” Edo sentì un suolo morbido quando finì la sua caduta.
Dal casco non vide nulla e il suo cuore iniziò a batte all’impazzata.
Percepì dei rumori sordi dall’intensità sempre maggiore e quindi tentò di alzarsi in piedi percependo che il suolo era morbido come se fosse terra.
Si alzò in piedi e si tolse finalmente il casco.
I primi raggi del sole lo illuminarono e vide di essere nel centro di un enorme campo agricolo.
“Oddio…” Edo non vide più la moto e tanto meno la strada: “Ma dove sono caduto?” s'incamminò dolorante alla ricerca di indizi ma in mezzo alle zolle di terra non vi era alcuna impronta sua o dei segni di caduta.
Lontano da sé vi erano solo boschi.
“Ma dov’è finita la strada?”
Edo camminò a fatica su quella terra nuda finché non vide un canale d’irrigazione.
Percepì una strana voce gracchiante provenire dall'acqua e si avvicinò.
Dall’altro lato della riva vide una rana con la zampa sul petto che stava cantando: “Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto, beatamente. Voglio vivere e goder, l'aria del monte, perché questo incanto, non costa niente. Ah, ah!! Oggi amo ardentemente quel ruscello impertinente menestrello dell'amor. Ah, ah! La fiorita delle piante tiene allegro sempre il cuor sai perché?”
“Cosa?” Edo era scioccato ma la rana continuò con la sua voce da tenore: “Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto. Canto per me!!!” e si tuffò dell’acqua torbida scomparendo.
“Ma che diavolo?” Edo si tolse i guanti, li mise nel casco e si strofinò gli occhi.
Percepì dei rumori sordi dall’intensità sempre maggiore e quindi tentò di alzarsi in piedi percependo che il suolo era morbido come se fosse terra.
Si alzò in piedi e si tolse finalmente il casco.
I primi raggi del sole lo illuminarono e vide di essere nel centro di un enorme campo agricolo.
“Oddio…” Edo non vide più la moto e tanto meno la strada: “Ma dove sono caduto?” s'incamminò dolorante alla ricerca di indizi ma in mezzo alle zolle di terra non vi era alcuna impronta sua o dei segni di caduta.
Lontano da sé vi erano solo boschi.
“Ma dov’è finita la strada?”
Edo camminò a fatica su quella terra nuda finché non vide un canale d’irrigazione.
Percepì una strana voce gracchiante provenire dall'acqua e si avvicinò.
Dall’altro lato della riva vide una rana con la zampa sul petto che stava cantando: “Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto, beatamente. Voglio vivere e goder, l'aria del monte, perché questo incanto, non costa niente. Ah, ah!! Oggi amo ardentemente quel ruscello impertinente menestrello dell'amor. Ah, ah! La fiorita delle piante tiene allegro sempre il cuor sai perché?”
“Cosa?” Edo era scioccato ma la rana continuò con la sua voce da tenore: “Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto. Canto per me!!!” e si tuffò dell’acqua torbida scomparendo.
“Ma che diavolo?” Edo si tolse i guanti, li mise nel casco e si strofinò gli occhi.
Si avvicinò al ruscello per capire meglio e sentì il rumore veloce dell’acqua che scorreva. Ne percorse un tratto e, all’improvviso, nel bel mezzo dell’acqua comparvero due piccoli pesci che tenevano la bocca aperta verso il cielo come se dovessero prendere fiato.
“Non importa quanto tu sia veloce, l’importante è fare presto!” disse il primo.
Edo fece cadere al suolo il proprio casco per l’incredulità.
Il secondo pesce si voltò e con gli occhi a pelo d’acqua vide il ragazzo avvicinarsi al bordo del grosso rivo: “E tu? Chi sei?”
Edo cercò di riprendere lucidità ed indicò sé stesso: “Io?”
“Tu come ti chiami?” fu il primo pesce a parlare.
“Io mi chiamo Edoardo, voi come vi chiamate?” ad Edo parve tutto assurdo.
“Ti pare che a noi servano dei nomi per chiamarci?” disse con arroganza il secondo.
Il primo inarcandosi leggermente verso il ragazzo disse: “Se mi vuoi chiamare basta che mi guardi no?”
“E se vuoi parlare con tutti e due, ti basterà guardarci entrambi no?” ribatté il secondo che, grazie ai suoi occhi laterali, poteva vedere sia il suo compagno che Edo senza difficoltà.
Edo non trovò risposta e all’improvviso si sentì mancare la forza nelle gambe.
Prima s’inginocchiò e poi cadde rovinosamente nel canale facendo scappare i due pesci..
Scivolò su di un fianco dentro l’acqua stranamente tiepida e poi galleggiò supino facendosi trascinare dalla leggera corrente.
Il suo respiro affannoso si rilassò in uno stato di semicoscienza.
Si sentì come se fosse stato paralizzato e chiuse gli occhi.
Percepì tutti i rumori dell’acqua e si concentrò su di essi.
Il rumore fu sempre più forte e gli mancò il respirò quando senti di nuovo quella sensazione angosciante di vuoto.
“Non importa quanto tu sia veloce, l’importante è fare presto!” disse il primo.
Edo fece cadere al suolo il proprio casco per l’incredulità.
Il secondo pesce si voltò e con gli occhi a pelo d’acqua vide il ragazzo avvicinarsi al bordo del grosso rivo: “E tu? Chi sei?”
Edo cercò di riprendere lucidità ed indicò sé stesso: “Io?”
“Tu come ti chiami?” fu il primo pesce a parlare.
“Io mi chiamo Edoardo, voi come vi chiamate?” ad Edo parve tutto assurdo.
“Ti pare che a noi servano dei nomi per chiamarci?” disse con arroganza il secondo.
Il primo inarcandosi leggermente verso il ragazzo disse: “Se mi vuoi chiamare basta che mi guardi no?”
“E se vuoi parlare con tutti e due, ti basterà guardarci entrambi no?” ribatté il secondo che, grazie ai suoi occhi laterali, poteva vedere sia il suo compagno che Edo senza difficoltà.
Edo non trovò risposta e all’improvviso si sentì mancare la forza nelle gambe.
Prima s’inginocchiò e poi cadde rovinosamente nel canale facendo scappare i due pesci..
Scivolò su di un fianco dentro l’acqua stranamente tiepida e poi galleggiò supino facendosi trascinare dalla leggera corrente.
Il suo respiro affannoso si rilassò in uno stato di semicoscienza.
Si sentì come se fosse stato paralizzato e chiuse gli occhi.
Percepì tutti i rumori dell’acqua e si concentrò su di essi.
Il rumore fu sempre più forte e gli mancò il respirò quando senti di nuovo quella sensazione angosciante di vuoto.
Cadde da una piccola cascata e trattenne il respiro finché non percepì di nuovo l’aria sul suo volto e riprese quindi a respirare. Quando riaprì gli occhi vide davanti a sé una terra dorata.
Poi quella luce violenta color oro svanì e riprese conoscenza di sé.
Gli tornarono lentamente le forze e riuscì ad alzarsi in piedi.
Edo era davanti ad uno spiazzo completamente bianco.
All'improvviso, tutto intorno a sé, udì del chiasso e delle urla da una moltitudine di bambini che, poco lontani da lui, giocavano a toccarsi uno alla volta come se volessero passarsi una maledizione.
Edo barcollò per arrivar fin da loro ed uno di essi, vestito di bianco e dai capelli neri, gli prese il braccio destro con forza. Edo l’osservò ma non riuscì a parlare.
Gli occhi azzurri del bambino sorrisero e questi lasciò la presa mentre Edo percepì un forte dolore al braccio. Ancora sotto shock, Edo vide il suo braccio deformato dal contatto come se fosse stato modellato come argilla fresca.
Il dolore della deformazione si tramutò in uno strano calore nelle vene come se il suo sangue incominciasse a ribollire per poi risalire dal braccio in tutto il corpo.
Edo si tenne il braccio destro e si piegò in avanti per le fitte viscerali, ma non riuscì ancora a gridare il suo dolore.
Allora tutti i bambini vestiti di bianco lo accerchiarono e il più grande di questi si fece avanti e lo colpì a mano aperto in pieno petto.
Edo cadde all’indietro cadendo sul terreno polveroso ed alzando una nuvola di cenere.
Gli tornarono lentamente le forze e riuscì ad alzarsi in piedi.
Edo era davanti ad uno spiazzo completamente bianco.
All'improvviso, tutto intorno a sé, udì del chiasso e delle urla da una moltitudine di bambini che, poco lontani da lui, giocavano a toccarsi uno alla volta come se volessero passarsi una maledizione.
Edo barcollò per arrivar fin da loro ed uno di essi, vestito di bianco e dai capelli neri, gli prese il braccio destro con forza. Edo l’osservò ma non riuscì a parlare.
Gli occhi azzurri del bambino sorrisero e questi lasciò la presa mentre Edo percepì un forte dolore al braccio. Ancora sotto shock, Edo vide il suo braccio deformato dal contatto come se fosse stato modellato come argilla fresca.
Il dolore della deformazione si tramutò in uno strano calore nelle vene come se il suo sangue incominciasse a ribollire per poi risalire dal braccio in tutto il corpo.
Edo si tenne il braccio destro e si piegò in avanti per le fitte viscerali, ma non riuscì ancora a gridare il suo dolore.
Allora tutti i bambini vestiti di bianco lo accerchiarono e il più grande di questi si fece avanti e lo colpì a mano aperto in pieno petto.
Edo cadde all’indietro cadendo sul terreno polveroso ed alzando una nuvola di cenere.
Il suo sguardo si riaprì illuminato dalla luce solare del cielo e il dolore era svanito.
Sopra di lui si estendeva un cielo giallo arancio e lui percepì col tatto un suolo polveroso.
Con la mano afferrò una manciata di polvere nera che fece ricadere al suolo come pioggia.
Attorno a lui la polvere si mosse.
Da seduto, si alzò subito in piedi e vide spuntare dal suolo delle teste umane di cenere nera senza alcun volto.
Edo era circondato e le teste si sollevarono prendendo forma in un corpo.
Dal loro corpo si allungarono degli arti deformi che si sollevarono e all'improvviso lo afferrarono per la vita.
Edo gridò dal dolore.
Quindi le figure lo assalirono facendolo sparire nelle tenebre del coma.
La Sottile Linea Bianca di Mattia Bellunato 20/02/11 (tutti i diritti riservati)
Opera di Mario Guido Dal Monte "Il motociclista" del 1927
Sopra di lui si estendeva un cielo giallo arancio e lui percepì col tatto un suolo polveroso.
Con la mano afferrò una manciata di polvere nera che fece ricadere al suolo come pioggia.
Attorno a lui la polvere si mosse.
Da seduto, si alzò subito in piedi e vide spuntare dal suolo delle teste umane di cenere nera senza alcun volto.
Edo era circondato e le teste si sollevarono prendendo forma in un corpo.
Dal loro corpo si allungarono degli arti deformi che si sollevarono e all'improvviso lo afferrarono per la vita.
Edo gridò dal dolore.
Quindi le figure lo assalirono facendolo sparire nelle tenebre del coma.
La Sottile Linea Bianca di Mattia Bellunato 20/02/11 (tutti i diritti riservati)
Opera di Mario Guido Dal Monte "Il motociclista" del 1927

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